Condanna definitiva per Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati di omicidio preterintenzionale. La sentenza sul caso Cucchi giunge dopo 13 anni di indagini.
Sentenza Cucchi definitiva per i due carabinieri che sono stati accusati della sua morte, nell’ormai lontano il 22 ottobre 2009. Dopo quasi tredici anni di ricerca della verità da parte della famiglia di Stefano Cucchi, la Cassazione ha espresso le prime condanne. Sono stati disposti 12 anni di carcere per i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. Per i giudici la morte del geometra romano fu un omicidio preterintenzionale, infarcito di falsità e depistaggi.
Per le altre due condanne di “dichiarazione del falso” sul caso Cucchi sentenza rinviata per Roberto Mandolini, che rischia 4 anni di carcere, e Francesco Tedesco, condannato a 2 anni e mezzo di reclusione. Per loro è stato disposto un appello bis, anche se il reato rischia di cadere in prescrizione nel breve termine.La sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, lascia una prima dichiarazione sulla sentenza:
A questo punto possiamo mettere la parola fine su questa prima parte del processo sull’omicidio di Stefano. Possiamo dire che è stato ucciso di botte, che giustizia è stata fatta nei confronti di coloro che che l’hanno portato via”.
Stefano Cucchi sentenza definitiva dopo 13 anni
Aveva 31 anni Il giovane Cucchi quando è stato fermato in possesso di 28 grammi di hashish e qualche grammo di coca dai carabinieri Francesco Tedesco, Gabriele Aristodemo, Raffaele D’Alessandro, Alessio Di Bernardo e Gaetano Bazzicalupo.
Il suo stato di salute era in condizioni assolutamente normali. In quell’oscura notte tra il 14 e il 15 ottobre nella caserma Casilina di Roma successe la tragedia: dopo 14 ore sul corpo del giovane sono state trovati i primi segni di violenza.
La ferocia con cui venne pestato da coloro che, invece, avrebbero dovuto tutelare la sua incolumità furono tali che Stefano morì una settimana dopo, il 22 ottobre del 2009, nell’ospedale Pertini di Roma. Da quel giorno, partì il calvario per la famiglia Cucchi, tra indagini su presunta morte per sindrome metabolica dovuta a disidratazione, fino a sospetto di “epilessia”.
Solo nel 2015, l’appuntato Riccardo Casamassima fece riaprire le indagini, e si evidenziò ciò che era già abbastanza evidente dalle foto e dalle fratture sul corpo di Stefano sin dall’inizio. I giudici riaprirono il caso come “omicidio Stefano Cucchi” e finirono a processo i carabinieri che lo fermarono, con l’accusa di averlo pestato a morte.
Processo Cucchi sentenza: per il PG fu “una punizione corporale di straordinaria gravità“.
Durante l’appello Cucchi culminato nella sentenza definitiva, il Procuratore Generale della Cassazione, Tomaso Epidendio, ha espresso parole dure, ma che sono servite a motivare la pesante condanna a 12 anni dei due carabinieri:
“Fu una via crucis notturna quella di Stefano Cucchi, portato da una stazione all’altra e tutte le persone che entrarono in contatto con lui dopo il pestaggio sono rimaste impressionate dalle condizioni del Cucchi: si tratta di un gran numero di soggetti tra i quali infermieri, personale delle scorte, detenuti, agenti di guardia. Davvero si può ritenere che questo numero impressionate di soggetti abbia congiurato contro i carabinieri?“.
“Si tratta di soggetti professionalmente preparati che si trovano ad affrontare una reazione prevedibile, e nemmeno delle più eclatanti, durante il fermo di Stefano Cucchi che rifiuta di sottoporsi al fotosegnalamento… L’omicidio Cucchi è stato una punizione corporale di straordinaria gravità, caratterizzata da una evidente mancanza di proporzione con con l’atteggiamento non collaborativo del Cucchi”.