Arriva la condanna a 3 anni e sei mesi di reclusione per Raffaele Marra, ex braccio destro della sindaca di Roma Virginia Raggi, nel filone d’inchiesta che lo vedeva coinvolto in concorso in corruzione. Il processo a suo carico ha confermato la sua imputazione in affari illeciti con il costruttore Sergio Scarpellini, deceduto il 20 novembre scorso.
Durante il processo a Raffaele Marra, la procura di Roma aveva chiesto una condanna a 4 anni e mezzo, basandosi sulle prove dell’accusa, secondo le quali Scarpellini avrebbe elargito quasi 370 mila euro a Marra nel 2013 per l’acquisto di un appartamento nella zona di Prati Fiscali.
Il dirigente Marra in quel periodo assolveva al ruolo di Direttore dell’ufficio delle Politiche abitative del Comune di Roma e capo del Dipartimento del patrimonio e della casa.
La condanna a Marra da parte dei giudici della II sezione penale dispone la confisca dell’appartamento, il “corpo del reato”, e un’ammenda di 100mila euro da destinarsi a Roma Capitale. La carriere dell’ex dirigente del Comune capitolino è stata, inoltre, chiusa, con l’estinzione di ulteriori rapporti con la pubblica amministrazione.
Come ha dichiarato il giudice Barbara Zuin, durante l’istruttoria per verificare il reale concorso in corruzione di Marra, “Il cuore del processo sta nel capire se questa dazione sia stata un prestito tra amici o invece il prezzo per piegare la pubblica funzione di Marra agli interessi del costruttore Scarpellini, se fra i due ci sia stato un rapporto di amicizia o di corruzione“, aveva spiegato nel corso della sua requisitoria il pm Barbara Zuin.
La vicenda comincia nel dicembre 2016, quando Marra e Scarpellini vennero arrestati, su elementi venuti fuori dalle indagini condotte dai carabinieri del nucleo investigativo di Roma, diretti dal colonnello D’Aloia.
Marra avrebbe beneficiato di favori abbastanza cospicui da parte del costruttore,culminati con il pagamento nel 2013 di oltre 367 mila euro, attraverso due assegni, per l’acquisto di un appartamento Enasarco in via Prati Fiscali 258. L’abitazione era intestata a Chiara Perico, moglie di Marra, attualmente residente a Malta con i figli.
Secondo le contestazioni del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del pm Zuin, “quella era una tangente“, mentre per la difesa dell’ex dirigente si è trattato di un prestito. Dopo l’interrogazione a Scarpellini, è emerso che il costruttore ha pagato “per non scontentare il potente funzionario del Comune“.
Marra, assistito dall’avvocato Francesco Scacchi, dopo che il processo era stato avviato, nel 2017 ha restituito i soldi a Scarpellini, con un gesto che ha insospettito l’accusa. La restituzione dell “tangente” o del “prestito”di 367 mila euro all’imprenditore è avvenuta a distanza di 4 anni e quindi con una tempistica sospetta, secondo l’accusa.