Il 16 dicembre del 2018 finalmente a Katowice arriva un accordo alla Cop24, dopo vari tentativi. Le trattative, come da consuetudine classica, saranno prolungate a sabato: malgrado ciò, è palese quanto l’accordo sia incompleto e totalmente inadeguato a fronteggiare le impellenti necessità causate dal brusco cambiamento climatico in corso. Di certo la Natura, e aggiungiamo “purtroppo”, non ha la gentilezza né di avvisarci, né tanto meno di aspettare che i singoli Stati prendino accordi, primi di ostentare i suoi nefasti effetti.
A Katowice in Polonia, le parti chiamate in causa per la difesa della Terra contro i cambiamenti climatici hanno redatto il Rulebook per applicazione dell’Accordo di Parigi sul Clima, un compromesso fondato su un complesso set di regole per gestire l’attuazione del Protocollo di Parigi del 2015. Le Rules definiranno un quadro comune e vincolante del Protocollo di Parigi, basato sui principi di Trasparenza, Accuratezza, Completezza, Coerenza e Comparabilità (TACCC). Tali norme prevedono anche il superamento della classica distinzione tra paesi sviluppati e sottosviluppati, malgrado la presa in carico di responsabilità differenziate.
L’accordo non è stato trovat oper il “no” del Brasile e del suogoverno, presieduto dal negazionista Bolsonaro. Alcuni punti chiave non andavano a genio come quello sul mercato globale delle emissioni di carbonio: nella prossima conferenza a novembre in Cile si proseguirà con questa trattativa. Punto focale la questione degli NDCs (Nationally Determines Contributions), che costituiscono gli impegni volontari di riduzione delle emissioni, come trascritto nell’Accordo di Parigi. il termine per adattare sempre su base volontaria tali parametri, per non subire sanzioni, resta fissato al 2020, con aggiornamento ogni 5 anni.
Attualmente i Paesi sono ampiamente inadeguati di fronte a questo problema, con un riscaldamento attorno ai 3 gradi. “La conferenza – come sentenzia uno dei testi adottati dalla COP24 – sottolinea l’urgenza di una maggiore ambizione per assicurare i livello più alto d riduzione delle emisisoni di adattamento”. “Tutto il testo decisionale del mondo non taglia una molecola di carbonio. Hai bisogno di azione sul terreno”, ci dice Alden Meyer, direttore politiche e strategie della Union of Concerned Scientists, ed è una sacrosanta verità. Basta pensare che le regole sugli NDCs hanno introdotto l’obbligo di fornire dati avanzati con arco temporale comune solo entro il 2031. Quando ormai, sicuramente, sarà troppo tardi.
In Italia, disapprovazione da parte dei Verdi per le sorti della conferenza. Racconta Angelo Bonelli. “Siamo alle solite, la crisi climatica non e’ un’emergenza per i paesi maggiormente responsabili delle emissioni di CO2 come Russia e Usa mentre paesi come India e Cina hanno invertito o stabilizzato il loro trend”. “Si discute su come arrivare a 100 mld di dollari a sostegno delle politiche globali sul clima entro il 2020, mentre nel 2017 si e’ raggiunto il record mondiale storico di 1748 miliardi di dollari per le spese in armamenti”.
Continua Bonelli: “Se da un lato l’Italia- continua l’esponente dei Verdi- con il suo ministro per l’Ambiente aderisce alla Coalizione dei paesi con target ambiziosi nei confini nazionali fa l’opposto confermando nella legge finanziaria i 14 miliardi di euro anno come sussidio alle fonti fossili e il sottosegretario all’energia Crippa annuncia che il piano energia clima avrà come obiettivo il 30% al di sotto del target europeo al 2030 fissato al 32%. Portare come un risultato la richiesta di candidatura dell’Italia alla prossima Cop e’ un modo per non voler far emergere la preoccupante inadeguatezza delle politiche sul clima del nostro paese a partire dalla legge finanziaria in discussione in Parlamento”.